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ATTEGGIAMENTI DIFENSIVI DI PANTHEROPHIS GUTTATUS

(di Enrico Crippa)

Chi ha un minimo d'esperienza con i serpenti ed il loro allevamento in cattività, prima o poi si vedrà rivolgere da qualcuno ai primi passi nel mondo dei rettili la fatidica domanda riguardo a quale sia il serpente più adatto per iniziare a coltivare questa passione.

Non credo di dire una sciocchezza affermando che le risposte a tale quesito variano soprattutto in funzione delle preferenze della persona cui è posta la domanda, ma, in generale, la "palma" dell'animale più adatto per iniziare spetta al Pitone reale, oppure al serpente del grano (meglio sarebbe dire "del granoturco", o "del mais"), seguiti a breve distanza dal vasto genere dei serpenti reali e dei serpenti del latte, i lampropeltis, ottimi animali per imparare, ma, forse, un po' più "nervosi" e meno "socievoli" dei due precedenti. 
Sulla legittimità dell'affermazione secondo cui il pitone reale (animale relativamente docile, ma caratterizzato da diverse problematiche relative ai giusti parametri di stabulazione, per non parlare del famoso "digiuno" che immancabilmente sconforta anche gli allevatori più esperti) sia un animale adatto ai neofiti, poi, potremmo discorrere per ore e finire per ritrovarci ancora discordi, e non è questo il caso in cui entrare nei meriti della questione. 
Il serpente del grano, Pantherophis guttatus, in tutte le sue varianti, è, probabilmente il serpente con minor controindicazioni che si possa trovare sul mercato, poco esigente, robusto, longevo, e accessibile a tutti i portafogli. Quest'animale, in effetti, vanta una storia notevole, che non tutti conoscono. Anche fra gli erpetofili esperti, o almeno fra quelli più distratti (diciamo così?), questo serpente è spesso liquidato con un po' troppa fretta e superficialità. La popolarità dei "cornsnakes" è nata quasi per caso: nella seconda metà degli anni '50, nelle università statunitensi, alcuni studiosi interessati alle anomalie genetiche, che si occupavano dell'ereditarietà dei geni responsabili dell'albinismo, notarono la frequenza di quest'anomalia nelle Pantherophis guttatus in natura, ed iniziarono ad allevare esemplari selvatici per capire, riproducendoli, come si trasmetteva il gene dell'albinismo da una generazione all'altra. Inconsapevolmente, avevano dato il via alla divulgazione dell'erpetofilia: vent'anni dopo, negli anni '70, i "cornsnakes" iniziarono a varcare le porte dei laboratori, prima per finire nei terrari di studiosi allevatori d'anfibi e rettili, e in seguito nelle case della gente comune, che, accanto ai gatti, agli uccelli ed ai criceti, iniziò a tenere i primi terrari con gli accessori necessari per ospitare il serpente del grano. E non a torto l'erpetologo Jerry Walls sostiene che il rapporto che lega il lupo (selvatico) al cane (addomesticato volontariamente dall'uomo) è simile a quello che lega i serpenti selvatici all'ormai domestico serpente del grano. A questo punto, osservando i miei "corns" accettare il topo direttamente dalle mie mani, mi sono chiesto come sarebbe incontrare uno di questi serpenti in natura, e quale sarebbe l'atteggiamento di un Pantherophis guttatus selvatica, se fosse deliberatamente molestata. e
Le varie specie appartenenti all'Elaphe complex presenti in Italia, reagiscono in modo abbastanza caratteristico: Rhinechis scalaris scalaris morde e soffia senza esitazione, appena avvicinato, Zamenis longissimus spesso non tenta nemmeno la fuga, salvo dimostrarsi mordace se afferrata, come qualche morso è probabile attenderselo molestando un Zamenis situla, mentre il più placido cervone, Elaphe quatuorlineata, si limita a lasciarsi cadere dalle piante sopra le quali è sorpreso, per tentare di ripararsi in qualche anfratto inaccessibile. 
Grazie ad un caro amico, che è tornato dagli Usa con un sacco contenente un grosso maschio di Pantherophis guttatus catturato ai bordi di un terreno coltivato, ho potuto confrontare il comportamento dei nostri guttatus con quello del guttatus americano: il serpente era stato infilato nel sacco prima del volo, e vi era rimasto fino al momento di finire nelle mie mani. Subito ho preparato un gran terrario, l'ho riscaldato, e, la sera, vi ho messo il sacco aperto, lasciando fosse il serpente a decidere quando uscire. La mattina, il sacco era vuoto, ed il "cornsnake" si era rifugiato sotto dei tronchetti di legno accatastati apposta nel terrario. Ho lasciato passare tre giorni, poi ho tolto i nascondigli, mettendo il serpente allo scoperto. Ecco la reazione: subito, il guttatus, vistosi scoperto, ha sollevato da terra il primo terzo del corpo, ripiegando il collo ad "s", dardeggiando la lingua avanti ed indietro, senza però soffiare. Quando avvicinavo la mano, il serpente scuoteva la punta della coda, come fanno i crotali con il sonaglio, producendo il caratteristico "trillo", simile ad una raganella da stadio. Importunandolo ulteriormente, il guttatus passava all'attacco, mordendo, anche più volte di seguito, con uno scatto del collo dal basso verso l'alto. Posso testimoniare che i morsi erano piuttosto dolorosi, ma le ferite assolutamente superficiali.
A questo punto, ho afferrato il serpente dietro il collo, e l'animale, con la bocca spalancata, ha avvolto il corpo attorno al mio braccio, secernendo dalla cloaca grosse gocce di un liquido giallastro e sorprendentemente maleodorante, che diffondeva attorno aiutandosi con un movimento della coda simile a quello di un tergicristallo d'automobile. A questo punto ho lasciato andare il serpente, che si è ritratto subito, per nascondersi con una fuga precipitosa e scomposta dietro un ammasso di foglie secche. Nelle settimane seguenti, ho cominciato a maneggiare il serpente con regolarità, con sessioni giornaliere regolari, e, nel giro di un mese, il guttatus ha perso la sua indole "selvatica" e, a tutt'oggi, si dimostra tranquilla, maneggiabile, e mangia in terrario sia il vivo che il morto, senza grossi problemi. Un'ultima considerazione: nei giorni seguenti l'episodio che ho descritto, il serpente è stato sottoposto ad accurate (..e costose!) visite veterinarie, che hanno appurato l'ingente carico parassitario dei serpenti catturati in natura, e le cure del caso, pur trattandosi di un serpente molto rustico e non di un raffinato tropicale, hanno comportato per me sensibili spese ed un impegno costante, nonché ulteriore stress per l'animale. Se da una parte vale sempre l'invito ad acquistare solo serpenti nati in cattività, dall'altra bisognerebbe riconoscere un minimo di gratitudine agli studiosi ed agli appassionati che, con il loro duro lavoro, hanno "addomesticato" il serpente del grano, permettendoci di scegliere oggi tra le meravigliose varianti di questa specie, probabilmente il più gratificante tra i serpenti da allevare.

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