Ultimo aggiornamento Domenica 21 Novembre 2010 22:22

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Atti So. Ital. Sci. Nat. Museo civ. Storia nat. Milano - 116 3-4): 251.262, 15-XII-1975

PRESENZA DI ELAPHE LONGISSIMA LONGISSIMA
(Laurenti, 1768) MELANICA A CASTELFUSANO (Roma)

(Reptilia Squamata Colubridae)

(di Augusto Cattaneo)


Riassunto. - Viene segnalata la presenza di Elaphe l. longissima melanica a Castelfusano, località del litorale romano. Di questa forma si esaminano la morfologia, l'ecologia, nonché un episodio riproduttivo; in base all'analisi di quest'ultimo sembra che il melanismo sia di natura genetica.

Abstract. - Presence of melanic specimens of the Aesculapian snake, Elaphe l. longissima, near Rome, Italy.
The melanic form of the colubrid snake, Elaphe l. longissima is recorded at Castelfusano, a località of the Roman littoral. The morphology, the ecology and a reproductive episode of this form are examined; on the basis of an analysis of the last, it seems that the melanism is of genetic nature.


Il Saettone o Colubro di Esculapio, Elaphe longissima (Laurenti), abita l'Europa centrale e meridionale, nonché l' Asia occidentale, dal livello del mare sino a circa 1600 m. (Tirolo).
Specie politipica, in tutto questo vasto areale essa si suddivide in quattro razze: rechingeri, romana, persica e longissima.

Elaphe longissima rechingeri (Werner, 1932) è limitata all'isola Amorgos, nelle Cicladi sudorientali.

Elaphe longissima romana (Suckow, 1798) è diffusa nell'Italia centro-meridionale ed in Sicilia.

Elaphe longissima persica (Werner, 1913), propria dell'Iran settentrionale, è melanica. Essa fu originariamente (1907) descritta da Nikolsky come Coluber longissima var. nigra.

Elaphe longissima fu descritta da Laurenti nel 1768 col nome di Natrix longissima; la località tipica venne ristretta da Mertens e L. Muller (1928) a Vienna. Di tale sottospecie si conoscono forme a ventre scuro della Transcaucasia, descritte da Eichwald (1831) come Coluber fugax, da Duerigen (1897, p. 311) come Coluber aesculapii var. ventrimaculatus (nomen substitutum pro Coluber fugax Eichwald 1831) e da Schreiber (1912, p. 676) come Coluber longissimus var. e Zamenis aesculapii var. nigra fu pubblicato come nomen nudum da Fitzinger nel 1853; successivamente fu provvisto di descrizione da Duerigen (1897, p. 311: Coluber aesculapii var. niger) ed impiegato per le aberrazioni melaniche che appaiono occasionalmente della sottospecie nominale. Lo stesso Duerigen cita esemplari melanici del Colubro di Esculapio di Napoli, Trieste, Jugoslavia e Lenkoran. Forme melaniche o submelaniche di Elaphe longissima longissima sono state prese in considerazione anche da altri AA. : Massalongo (1853, Coluber flavescens var. nigrescens. Terra typica: Bolca, Verona); Schreiber (1875, p. 282: Callopeltis aesculapii var. d; 1912, p. 676: Coluber longissimus var. d, f) ; Méhely (1897, Coluber longissimus var. deubeli - nomen nudum-) ; Werner (1897, Coluber longissimus var. subgrisea. Terra typica . Austria-Ungheria).
Boulenger (1918,pp. 188-189) sostiene che "il melanismo è raro in questo serpente. Certi esemplari sono interamente neri sopra e sotto (var. niger, Nikolsky) o da grigio-nerastro a nero sopra, grigio scuro sotto (var. subgriseus, Werner), con la linea angolare da ciascun lato del ventre che spesso rimane chiara ". Angel (1946, p. 136) ribadisce che "certi individui sono neri o grigio-nerastri sopra e sotto, con una linea chiara da ciascun lato del ventre".
Con la presente nota si esaminano la morfologia, l'ecologia, nonché un episodio riproduttivo di alcuni Saettoni neri rinvenuti a Castelfusano, località del litorale romano. Essi, pur appartenendo tutti alla sottospecie nominale, presentano ovviamente (varianti ecologici) un certo grado di discordanza rispetto alle descrizioni di questa forma riportate dai diversi AA.


Materiale esaminato.

Oltre al materiale riportato nel prospetto seguente (si veda anche il paragrafo "Osservazioni sulla riproduzione"), lo scrivente è attualmente in possesso di tre esemplari vivi : una coppia (cfr. "Oss. S. riprod.") ed un maschio (Roma . Castelfusano ; D. De Angelis legit; 19.VI.1969), morta in sua assenza, non venne conservata debitamente. Inoltre un individuo di questa forma è stato visto ospite dei terrari del Rettilario del Giardino Zoologico del Comune di Roma (Roma: Castelfusano ; A. Preziosi legit ; VIII.1972).

Colorazione e disegno.

Giovane.
Il disegno giovanile ripropone quello del giovane della sottospecie nominale (v. Capocaccia 1964, pp. 369-373), salvo alcune peculiarità del capo. Si ha, infatti, la netta fusione della stria temporale con la macchia mandibolare posteriore in una linea arcuata da ambo i lati, nonché, solo nell'individuo c, la risoluzione della macchia postnucale in due tratti longitudinali separati.
Alla nascita non è molto agevole distinguere le forme melaniche dagli individui normali. A questo proposito assume valido significato diagnostico l'intonazione generale più cupa del soggetto in esame, nonché l'apigmentazione delle parti del corpo normalmente colorate in giallo (macchie latero-nucali, labbra, faccia inferiore del capo e del collo).

Adulto.
Capo. - Faccia superiore bruno-nerastra. La stria scura temporale, non sempre ben distinta, è in contatto con la macchia mandibolare posteriore, quest'ultima però, per lo più, si scioglie in un reticolo nero che orla le sottolabiali, le golari e le dorsali adiacenti. Labbra, faccia inferiore, regioni latero-inferiori del collo bianchicce. Dello stesso colore sono le macchie latero-nucali, appena visibili solo nei soggetti più giovani. Nelle parti chiare sunnominate il pigmento si insinua fra le strutture delle squame a contatto (ad esempio si nota, in genere fra la IV e V sopralabiale e la V e VI sottolabiale una linea nera verticale, accompagnata da sfumatura grigia) oppure si deposita in macchie (golari) ed ombreggiature (sinfisiali, labiali, laterali del collo). La macchia postnucale è solo intuibile da tratti più scuri.
Dorso. - Bruno-nero fondo e compatto, lucente (solo eccezionalmente con qualche squama bruna). Su di esso spicca un numero variabile di macchiette lineari bianche che occupano gli orli delle squame, disponendosi a volte in forma romboidale, incrociata o convergente. Esse tendono a disporsi secondo allineamenti longitudinali sui fianchi. In genere il loro numero diminuisce con l'età. Negli individui più giovani si possono ancora intuire le quattro fasce scure longitudinali (v. Capocaccia 1964, pp. 371-373, schema A).
Ventre.- Le prime ventrali presentano prossimamente una marmorizzazione scura, più accentuata agli estremi laterali di esse, che sono ripiegati sui fianchi, in modo da costituire d'ambo i lati la tipica angolosità, propria di tutti i rappresentanti del genere Elaphe, genere notoriamente arboricolo (Schmidt & Inger 1958, pp. 154-155). Distalmente le suddette squame sono bianchicce. Man mano che si procede in senso antero-posteriore, la marmorizzazione si fa più intensa e più estesa sino ad occupare tutto il gastrostego, risparmiando unicamente il tratto posteriore della carena, che appare bianchiccio. Complessivamente il ventre si mostra nero o nero-grigiastro, lucente, con una linea chiara, tratteggiata, da ciascun lato di esso. Un'altra linea chiara, meno evidente e più o meno diritta o zigzagata, decorre a confine fra i gastrosteghi e la prima fila di dorsali. Le suddette linee chiare si arrestano in corrispondenza della cloaca, per cui il sottocoda appare uniformante nero. Punti e macchie chiare possono interrompere l'uniformità della colorazione che, in ultima analisi, evoca quella del giovane (v.Capocaccia 1964, p. 371, schema A).


Note geo-botaniche sulla località di cattura.

La pineta di Castelfusano, ad una trentina di chilometri da Roma, sul litorale omonimo, comprende circa mille ettari di bosco. L'antropizzazione e la conseguente degradazione hanno oggigiorno raggiunto vertici elevatissimi; ciò nonostante, per alcuni tratti, si può ancora assistere a magnifiche espressioni di vita vegetale.
Dirigendosi dal mare verso l'entroterra Castelfusano offre una certa eterogeneità di ambienti.
La duna litoranea costituisce un habitat di elezione, dove, su un tappeto di Licheni, il Ginepro rosso (Juniperus oxycedrus), il Lentisco (Pistacia lentiscus) il Rosmarino (Rosmarinus officinalis), il Corbezzolo (Arbutus unedo) e le Filliree (Phillyrea sp.) si mostrano nei loro aspetti più degradati.
Lasciata la duna, la macchia mediterranea va via via assumendo i suoi tratti più tipici, infoltendosi e, soprattutto, sviluppandosi in altezza; in alcuni punti essa è, a tutt'oggi, praticamente in penetrabile. I suggestivi Pini domestici (Pinus pinea) ne spezzano la monotonia di forme in un tutt'unico bivalente; in effetti la macchia sempreverde costituisce il sottobosco della pineta. Il Leccio (Quercus ilex), l'Erica (Erica arborea), le Ginestre (Cytisus scoparius e Spartium junceum, che fioriscono in epoche complementari : aprile-maggio la prima, maggio-agosto la seconda), l'Alloro (Laurus nobilis, ormai ridotto a pochissimi esemplari nei recessi più caldo-umidi), i Ginepri, il Lentisco, il Corbezzolo, le Filliree, avvolti dalla Smilace (Smilax aspera), fanno ombra al Pungitopo (Ruscus aculeatus) ed ai Ciclamini (Cyclamen). In un paio di punti si notano anche fatiscenti ruderi di età romana.
Dove il terreno accenna a concavità naturali piuttosto vaste, coincidenti con la superficializzazione della falda freatica, nonché dove quest'ultima assume una posizione stratigrafica emergente, essenze decidue si mescolano alle xerofile, sino a divenire esclusive nei punti più umidi.
Gigantesche Farnie (Quercus robur), Frassini (Fraxinus excelsior) ed Olmi (Ulmus minor), contesi dall'Edera (Hedera helix) e dalla Vitalba (Clematis vitalba), campeggiano su un groviglio inestricabile di Rovi (Rubus ulmifolius).
Verso i confini interni della pineta il sottobosco in certi tratti scompare e gli subentrano dei gramineti, già adibiti al pascolo. Qualche Perastro (Pyrus communis pyraster), sporadici Lecci ed Oleastri (Olea europaea oleaster), sul terreno Cisti (Cistus), Asfodeli (Asphodelus), certe Labiate profumate, come la Menta (Mentha), insomma tutto ciò che il bestiame non ha potuto o non ha voluto distruggere.
A questo punto la pineta si affaccia su una vasta bassura, che sino quasi alla fine del secolo scorso (1890) costituì una palude malarica. Ancora oggi i sinistri nomi di certe località, come "Pantano" ed "Infernetto", riecheggiano il funesto retaggio anofelico. Una rete di canali,in parte con fondo naturale (torbosi), in parte con fondo in cemento (sapropelici), idrovore, strade, case coloniche, colture e disboscamenti massivi (bonifica integrale) hanno radicalmente mutato l'aspetto idrografico, nonché flogistico della zona. A ciò si aggiunge l'azione falciante delle ruspe che annualmente mortificano le ambizioni colonizzanti di Scirpi (Scirpus), Canne (Arando donax, Phragmites communis), Equiseti (Equisetum), Càrici (Carex), Giunchi (Juncus), Felci, dell'Ebbio Sambucus ebulus), del Gigaro (Arum italicum) , delle Ortiche (Urtica). Nei fossi, in primavera, la gialla fioritura del Falso Acoro (Iris pseudoacorus), in estate, il verde manto compatto ed ingannevole, delle Lenticchie d'acqua (Lemma minor) sono indici di una volontà di sopravvivenza non ancora debellata. Le sponde dei canali sono accompagnate da una vegetazione arbustiva stentata con Rovi e Biancospini (Crataegus oxyacantha); alti Pioppi (Populus nigra, nigra pyramidalis), Frassini, Olmi, rari Salici (Salix alba), qualche Farnia ripropongono suggestivi aspetti scomparsi.
Alla bassura umida, sempre più verso l'entroterra, segue una fascia a gariga con Mirto (Myrtus communis) ed Enule (Inula graveolens) dominanti e qualche Sughera (Quercus suber).
Riepilogando, dal mare ai confini interni, si ha, a Castelfusano, la seguente successione ecologica: duna, pineta con sottobosco (con luoghi secchi e luoghi umidi), pineta con gramineti, palude bonificata, gariga.

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In tutto questo territorio il genere Elaphe Fitzinger è rappresentato da due specie: 
Elaphe quatuorlineata (Lacépède) ed Elaphe longissima (Laurenti), quest'ultima con la forma tipica e la sua variante melanica.
Elaphe quatuorlineata, specie xerofila, predilige gli ambienti asciutti (duna, luoghi secchi della pineta con sottobosco, pineta con gramineti, gariga), mentre Elaphe longissima, specie igrofila, abita di preferenza i luoghi umidi della pineta con sottobosco, nonché la palude bonificata /specie vicarianti od equivalenti ecologici).
Da notare che Coluber viridiflavus viridiflavus (Lacépède), che vive nella zona, presenta un certo iscurimento della colorazione, perlomeno nella maggior parte degli individui. Viceversa gli esemplari neri del Colubro di Esculapio rappresentano un'esigua parte delle popolazioni locali, oggigiorno estremamente rarefatte (cfr. il paragrafo "Osservazioni sulla riproduzione"). Le due forme, tipica e melanica, vivono frammiste.

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Mertens (1960), a proposito dei Rettili melanici, così scrisse: " E' curioso il fatto che, su suoli notevolmente ricchi in sale, molti Sauri e Serpenti tendono ad assumere un colore nero; è il caso, ad esempio, di Eryx miliaris nel Nord della regione caspita, delle Ma buia, nelle zone costiere del Sud-Ovest africano e dei Tropidurus del Perù.
Del resto si incontra abbastanza sovente la stessa particolarità nei Rettili viventi nelle piccole isole e sulle alte montagne; questa caratteristica deve essere in relazione piuttosto con le condizioni di temperatura e di illuminazione di questi ambienti". Marchi (1901)non lo smentisce quando sostiene di possedere "….un esemplare di Elaphis Aesculapii preso nelle Alpi interamente nero".
Ora, i terreni che si trovano a Castelfusano (depositi littorali neozoici) sono essenzialmente di due tipi, sabbiosi ed argillosi, questi ultimi paludogeni, essendo impermeabili. L'acqua piovana, dotata di un notevole potere solvente, percolando le minute particelle sabbiose, si arricchisce in sali minerali di genesi marina (soprattutto cloruri, altamente igroscopici), che vanno ad ipertonicizzare la sottostante falda freatica, dovuta allo strato argilloso ed in equilibrio idrogeologico con l'acqua del mare. Ciò comporta un richiamo d'acqua dolce, per capillarità osmotica, dai terreni limitrofi, con effetti isotonici sulla falda (se così non fosse, al posto della vegetazione locale, già descritta all'inizio di questo paragrafo, e compatibilmente alla circolazione sotterranea di soluzioni concentrate, avrebbero attecchito solo piante alofite, cioè piante che presentano fisionomie e adattamenti assai simili a quelli delle piante che vivono su suoli aridissimi e che hanno succhi cellulari con alte pressioni osmotiche - Giacomini, 1958-). Ne segue che la zona è fortemente umida, soprattutto e logicamente nel tratto argilloso e nei punti a falda acquifera superficiale, coincidenti o no con depressioni naturali del terreno (come già detto, usuali habitat dei Saettoni locali).
In effetti un alto grado di umidità relativa determina e permette nei pecilotermi l'esposizione all'irradiazione solare. Ciò potrebbe essere messo in relazione con la comparsa di mutanti neri di Elaphe longissima e di individui scuri di Coluber viridiflavus nella località in esame, come parimenti si riscontra un'elevata percentuale di umidità relativa e l'insolazione diurna è intensa (particolarmente in montagna per la purezza dell'atmosfera).
Per quanto riguarda poi le regioni citate da Mertens (l.c.) esse corrispondono a deserti costieri, caratterizzati, fra l'altro, della elevata umidità relativa dell'aria (70-75 % nelle coste settentrionali del Mar Caspio - Borisov, 1965 -; "forte umidità" nelle zone costiere dell'Africa sud-occidentale -Migliorini, 1955 -; 82-84 % lungo le coste peruviane - Ricciardi, 1966 -). In effetti nei deserti si ha un'evaporazione intensa, che induce la risalita delle acque ipogee; queste ultime, giunte in superficie, evaporano depositando il loro contenuto minerale sotto forma di efflorescenze. L'igrospicità del suolo salino determina poi condizioni di umidità stratificata verso il basso, dove appunto vivono i Rettili.
Pur ammettendo l'esistenza, in altri tratti litoranei sabbio-argillosi, di eventuali e possibili ostacoli geomeccanici (barriere argillose, ecc.), che potrebbero limitare sino ad impedire il fenomeno della capillarità osmotica, con conseguenti ripercussioni sulla flora e sulla fauna, la situazione geochimica-idrogeologica di Castelfusano, naturalmente, non è esclusiva. Viene spontaneo pensare che essa si ripeta in moltissime altre località costiere della Terra a facies litorale con foresta planiziaria, soprattutto in quelle finitime, dove però, come già osservato, non sono stati mai rinvenuti Saettoni neri. "Ecco un enigma e uno dei più interessanti aspetti dei problemi dell'evoluzione: perché certi animali non sono penetrati in habitat viciniori che pure sembrano così confacenti alle loro consuetudini di vita ? Questo interrogativo, come molti altri, non ha ancora avuto risposta" (Schmidt & Inger, 1958).
Tutto quanto suesposto è stato formulato a livello di ipotesi e solo diligenti indagini geofisiche (rilevamenti con conduttimetri, ecc.), nonché biologiche, potranno convalidarlo.


Osservazioni sulla riproduzione.

La femmina b, catturata già gravida ed allevata dallo scrivente, il 2.VII.1969 depose 8 uova che si schiusero tutte il 28.VIII:1969, quindi dopo 57 giorni di incubazione. 5 giovani erano melanici, 3 di colorazione normale. Il rapporto fra le due classi va considerato di 1:1 e l'ipotesi più semplice è quella dell'incrocio fra un eterozigote ed un omozigote recessivo.
Il carattere melanico sembra quindi di natura genetica. La forma melanica sarebbe il risultato di un mutante dominante ad un singolo locus m (ipotesi monofattoriale), non legato al sesso, la cui frequenza nella popolazione studiata può essere stimata intorno al 5%. Si tratta, quindi, di un vero e proprio polimorfismo genetico.
I cinque individui scuri vennero allevati e due di essi (una coppia) godono a tutt'oggi ottima salute; gli altri tre morirono in età diverse (rispettivamente 9 mesi ca., 1 anno e 10 mesi ca., 4 anni e 7 mesi ca.) . La maturità sessuale è stata raggiunta dalla coppia vivente a 2-3 anni.

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